La disidratazione è la risposta fisiologica del nostro organismo a un’assunzione di liquidi insufficiente o a una loro elevata perdita. Nel primo caso si beve poco in generale e/o in condizioni di attività fisica o clima che favoriscono un aumento della sudorazione.
La disidratazione causata da un’eccessiva perdita di fluidi invece è spesso la conseguenza di gastroenteriti, una delle principali emergenze nei bambini piccoli al pronto soccorso, e anche da sudorazione eccessiva senza reintegro di liquidi.
Tra i sintomi tipici della disidratazione approfondiremo gli effetti della disidratazione nel cervello. In particolare ci focalizzeremo su bambini e anziani, i soggetti più a rischio di disidratazione cronica e considerati quindi più vulnerabili.
Gli effetti della disidratazione acuta
La disidratazione acuta è la condizione tipica che si presenta quando l’equilibrio idrico del nostro organismo viene alterato per scarsità di liquidi o una loro aumentata eliminazione. Si tratta di una situazione di emergenza organica a cui il nostro corpo reagisce assicurando i pochi liquidi presenti nel nostro corpo agli organi vitali cioè al cuore, sottraendoli a quelli secondari (pelle e muscoli), che diventano molto secchi.
La pelle che si desquama e la bocca secca associata a sete intensa sono segnali tipici di disidratazione acuta nell’adulto sano. Sono spesso accompagnati da uno o più sintomi caratteristici, tra cui il battito accelerato e la pressione bassa con capogiri e tendenza a svenire, febbre, sonnolenza e uno stato di confusione mentale e irritabilità.
Nei neonati e nei bambini molto piccoli, non ancora in grado di descrivere a parole quello che provano, possono essere considerati dei campanelli d’allarme anche la perdita di peso eccessiva in poco tempo, gli occhi infossati, la febbre, l’improvvisa inattività, la forte irritabilità e il pianto senza lacrime. Inoltre le fontanelle infossate sulla testa sono un sintomo caratteristico di disidratazione nel neonato.
Nell’anziano invece i vuoti di memoria e le parole senza senso sono un segnale di disidratazione in atto. Quando si focalizzano gli effetti della disidratazione nell’adulto sano, si è inoltre evidenziato che lo stato di confusione mentale e di irritabilità è anche associato a una diminuzione del volume del cervello.
Conoscere tutti i sintomi e cause della disidratazione aiuta a sospettare una disidratazione acuta in atto e a intervenire. La disidratazione però può diventare anche un’abitudine per bambini e anziani, una forma lieve ma cronica di scarsità di liquidi che si insinua in silenzio nel quotidiano e che migliora apparentemente con un bel bicchiere d’acqua. Vediamo insieme cosa comporta tutto ciò per il cervello.
La disidratazione come “abitudine” cosa comporta per il cervello?
La disidratazione acuta è una delle cause di emergenza al pronto soccorso per bambini, anche neonati, e anziani. È noto che le due fasce d’età estreme sono ad alto rischio di disidratazione. In particolare l’assunzione di acqua o altri liquidi nei bambini molto piccoli dipende completamente dai genitori o da chi li segue.
Crescendo i bambini più grandi iniziano a chiedere l’acqua, però quando hanno molta sete e quindi in forte ritardo rispetto allo stimolo iniziale. Il gioco o altre attività li distraggono: bere acqua non rappresenta per loro una priorità quando invece è una necessità. In pratica si abituano ad assumerla ogni tanto a tavola o quando proprio non riescono più ad evitare di attaccarsi alla bottiglia avidamente.
Negli anziani invece con il passare degli anni lo stimolo della sete si “spegne” lentamente in seguito al naturale processo di invecchiamento e bisogna spesso aiutarli a bere acqua. Gli anziani potrebbero stare ore e ore senza bere proprio perché non sentono più la sete e, come ormai è ampiamente noto, d’estate diventa un problema. Bambini e anziani in un certo senso rischiano di vivere in uno stato di disidratazione cronica mascherato come un’abitudine quotidiana per chi come loro tende a bere poco.
Negli ultimi anni si sono condotti diversi studi per comprendere cosa significa la disidratazione continua, temporanea o sotto stress per le funzioni cerebrali, in particolare cognitive. Gli studi nell’adulto hanno evidenziato principalmente effetti sugli stati d’animo e lo stato di veglia e benessere generale. Gli adulti e gli adolescenti sani in condizioni di lieve disidratazione o indotta da stress manifestano principalmente stanchezza, affaticamento, mal di testa, sonnolenza, confusione e difficoltà di concentrazione.
A livello cognitivo tutto sembrerebbe quasi nella norma, diminuiscono lievemente la memoria a breve termine e le percezioni ma le funzioni cognitive ed esecutive più importanti sembrerebbero non subire alcun effetto.
Si sarebbe però evidenziato un maggior investimento di sforzi ed energia mentali per ottenere le medesime prestazioni in condizioni di idratazione normale. In pratica gli adulti compensano in tal modo gli effetti della disidratazione sulle funzioni cognitive. Quando si analizzano le condizioni di scarsa assunzione di acqua nei bambini e anche negli anziani si sono evidenziati invece sia effetti sullo stato d’animo, come irritabilità e sonnolenza, che un calo delle funzioni cognitive, in particolare la memoria.
I bambini a scuola, ad esempio, rendono meno negli esercizi di memoria, nei calcoli matematici e nelle funzioni esecutive e scarseggiano in attenzione. Negli anziani si è evidenziata invece una diminuzione della velocità psicomotoria. Quando però si analizza l’effetto della reidratazione negli adulti, ma anche nei bambini, i dati sono molto più interessanti.
Bere acqua migliora le prestazioni e le funzioni del cervello
Bere acqua in caso di lieve disidratazione ha dimostrato un aumento delle prestazioni e funzioni cognitive sia negli adulti che nei bambini e negli adolescenti. Negli adulti si sono evidenziati un miglioramento delle capacità decisionali e di giudizio, dell’attenzione e delle capacità riflessive.
Nei bambini si è analizzata l’influenza di bere acqua a scuola sulle funzioni cognitive e i risultati si sono dimostrati molto interessanti. In particolari migliora la memoria, anche visiva, l’attenzione, la prontezza, l’entusiasmo e la velocità di elaborazione e l’accuratezza delle prestazioni.
In pratica i bambini sono più ricettivi ad apprendere, interessati e attivi in classe. Sono state analizzate anche le prestazioni di un gruppo di studenti universitari durante l’esame. Le performance di coloro che avevano bevuto acqua prima dell’esame sarebbero risultate migliori e migliorate.
La reidratazione migliorerebbe quindi le funzioni cognitivi in tutte le fasce d’età analizzate, anche negli anziani. Bere acqua in un certo senso disseta e ossigena il cervello migliorandone le funzioni cognitive ma non solo. Le analisi anatomiche del cervello dimostrano risultati altrettanto significativi. In particolare si è osservato che 16 ore di restrizioni nell’assunzione di acqua diminuiscono il volume del cervello dello 0,55% e la successiva reidratazione lo aumenta dello 0,79%.
Inoltre si è anche scoperto che il volume del cervello passando dallo stato di disidratazione alla reidratazione aumenterebbe dello 0,36%. Il cervello quindi avrebbe dimostrato una certa plasticità in base al suo stato di idratazione che condiziona le migliori funzioni cognitive. Ma cosa succede a livello di biochimica del cervello quando si parla di disidratazione e di bere acqua? Le teorie sono molte e nascondono potenziali realtà ancora però da chiarire con ulteriori studi.
- La disidratazione sarebbe stata associata a un aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, a sua volta legato a una diminuzione della memoria e dell’elaborazione dei dati. Gli effetti e il legame di disidratazione e stress devono essere ulteriormente approfonditi per comprendere il peso di entrambi. In particolare non è ancora chiaro se la disidratazione aumenti i livelli di cortisolo e rappresenti quindi una fonte di stress organico, o se stress e disidratazione viaggino su binari paralleli.
- Si sarebbe evidenziata un’alterazione dei livelli di neurotrasmettitori inibitori ed eccitatori che a loro volta attivano o disattivano le funzioni cognitive e i meccanismi che regolano l’umore.
- Si sarebbe inoltre evidenziato che sete e disidratazione competono con le risorse cognitive, ovvero il sapere acquisito dall’esperienza e dalla vita, nel condizionare le stesse zone del cervello. Quando si beve acqua in tali zone si “lavano via” gli effetti di sete e disidratazione e si lascia lo spazio all’attivazione delle risorse cognitive. Secondo gli studiosi che sostengono questa teoria ancora da approfondire, tutto ciò spiegherebbe anche perché, rispetto agli adulti, la memoria di bambini e anziani è più colpita dalla scarsità di liquidi. Questi soggetti hanno molte meno risorse cognitive efficaci da allocare in questa zona del cervello e quindi non sono in grado di compensare come gli adulti gli effetti di disidratazione e sete.
- Infine bere acqua sostiene una maggior reattività cardiovascolare, in particolare negli anziani si favorisce un miglior flusso sanguigno e l’ossigenazione del cervello migliorandone le performance anche a livello cognitivo.
Tutte queste teorie hanno bisogno di ulteriori studi per essere confermate o validate. In generale però si evidenzia il ruolo positivo della reidratazione a livello cognitivo nelle varie fasce d’età, in particolare in bambini e anziani.
Bere acqua rappresenta una sana abitudine anche per il cervello a tutte le età, da insegnare ai bambini fin da piccoli per migliorare le loro performance a scuola. I bambini infatti a scuola dovrebbero portare sempre con sé la loro personale scorta di acqua da bere ed essere educati a sorseggiarla più volte al mattino per migliorare le loro funzioni cognitive. Considerazioni analoghe valgono anche per l’anziano: quando è aiutato a bere la quantità di acqua di cui ha bisogno, fisico, mente e cervello performano meglio. In ogni caso bere acqua rappresenta una sana abitudine per mantenere sempre il cervello sano e attivo!