In alcune circostanze bisogna rendere l’acqua del mare potabile, ricorrendo a processi e tecnologie che consentono di trasformare l’acqua di mare in acqua potabile. Ciò può essere necessario per diversi motivi, ad esempio a causa dell’assenza di riserve di acqua dolce, per via dell’inquinamento delle falde acquifere o degli altri bacini disponibili, oppure per la mancanza di infrastrutture adeguate come gli acquedotti.
Per rendere potabile l’acqua del mare esistono diverse soluzioni, tra cui sistemi ormai consolidati nel tempo e tecnologie innovative in fase di sperimentazione. D’altronde, nonostante il nostro pianeta sia coperto per 2/3 d’acqua, le riserve idriche di acqua dolce sono limitate e non distribuite in modo omogeneo nei vari paesi del mondo. Vediamo come rendere potabile l’acqua del mare.
Come rendere potabile l’acqua del mare con l’osmosi inversa
Per trasformare l’acqua di mare in acqua potabile l’osmosi inversa è la tecnologia più utilizzata, un processo che consente di trattare l’acqua marina attraverso l’iperfiltrazione. Utilizzata da quasi mezzo secolo, l’osmosi inversa permette di rimuovere dall’acqua una serie di componenti chimici e il sale, rendendo l’acqua di mare adatta all’utilizzo da parte dell’uomo, delle attività agricole e all’impiego per l’abbeveramento degli animali.
Tale processo chimico-fisico consiste nella filtrazione dell’acqua salmastra (moderatamente salata) e marina per ottenere acqua depurata, utilizzando delle apposite membrane che trattengono gli elementi non compatibili con i requisiti di qualità dell’acqua potabile.
Si tratta del sistema inverso all’osmosi, un fenomeno spontaneo che consiste nel raggiungimento di una condizione bilanciata di concentrazione salina tra due soluzioni, risultato che si ottiene con il passaggio del solvente attraverso una membrana semipermeabile (in genere si verifica per l’acqua nei sistemi biologici).
Nell’osmosi inversa questo processo è invertito mediante l’applicazione di energia, necessaria per creare una differenza di pressione tra le due soluzioni. In questo modo è possibile eliminare i minerali disciolti nell’acqua di mare e addolcirla, fino a renderla adatta al consumo umano e dunque potabilizzata. L’apparecchio che rende potabile l’acqua del mare è un impianto dissalatore, nel quale vengono utilizzati appositi filtri e sostanze idrofile per realizzare l’osmosi inversa.
Ovviamente, i parametri dell’acqua di mare potabile sono gli stessi dell’acqua dolce potabilizzata, i quali devono rispettare le norme di legge che disciplinano i requisiti di qualità dell’acqua destinata al consumo umano (D.Lgs. 18/2023 in recepimento della direttiva europea 98/83/CE). In particolare, l’acqua potabile deve essere conforme a una serie di parametri microbiologici (Escherichia Coli, Enterococchi), chimici (mercurio, nitrati, arsenico), indicatori (durezza, pH, colore) ed emergenti (radioattività), come stabilito dal Ministero della Salute.
Con quale processo si rende potabile l’acqua del mare?
Il processo con il quale rendere l’acqua di mare potabile consiste nell’utilizzo di un desalinatore per l’osmosi inversa, tuttavia non sempre è possibile o conveniente utilizzare l’acqua di mare disponibile nella zona o nelle immediate vicinanze.
Si tratta infatti di un procedimento particolarmente costoso, che è sostenibile soltanto in determinate circostanze, considerando la qualità dell’acqua utilizzata per alimentare l’impianto dissalatore.
Per l’acqua potabile è prevista una soglia di 250 mg/l per i cloruri e di 200 mg/l per il sodio, mentre i limiti di salinità per l’acqua potabile dal mare sono di 36-39 g/l, in quanto valori superiori rendono questo processo più costoso e complesso. Ad esempio, mari come il Mar Caspio e il Mar Rosso hanno un livello di salinità medio superiore a 42 g/l, mentre l’Oceano Atlantico e Pacifico compreso tra 33 e 36 g/l, con una media globale tra 35 e 45 g/l.
Nel campo dell’osmosi inversa per la desalinizzazione dell’acqua di mare, una tecnologia più economica ed efficiente è quella messa a punto dai ricercatori del Politecnico di Torino in collaborazione con l’Università del Minnesota e il MIT di Cambridge. In questo caso, l’attenzione è stata rivolta ai processi che avvengono sulla superficie della membrana durante l’osmosi inversa, invece di concentrarsi solo sul trasporto di acqua nella membrana come avvenuto finora.
Il dissalatore potrebbe arrivare al 40-60% di acqua di mare trattata resa potabile attraverso questo processo, grazie a nuove membrane più efficienti nella desalinizzazione dell’acqua, realizzate in zeolite e composte da un numero maggiore di pori per aumentare la permeabilità della membrana fino a 10 volte rispetto a quelle utilizzate oggi.
Alcuni materiali, infatti, sono in grado di far passare più acqua in pressione dalla membrana trattenendo al contempo i sali disciolti, ottimizzando la capacità dei dissalatori e rendendoli dunque più sostenibili in termini economici.
I progetti più innovativi per rendere potabile l’acqua di mare
Le tecnologie tradizionali di osmosi inversa non sono le uniche in grado di rendere l’acqua di mare potabile, infatti esistono altre soluzioni per trasformare l’acqua salata in una risorsa idrica adatta al consumo umano.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Manchester, per esempio, ha pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology i risultati ottenuti con una membrana di ossido di grafene rivestita con una resina epossidica, attraverso la quale si possono filtrare anche i sali disciolti in acqua di dimensioni più piccole.
Un’altra opportunità per rendere potabile l’acqua di mare è rappresentata dal vapore, tramite un processo simile a quello utilizzato nella distillazione. Nel dettaglio, i ricercatori della Rice University di Houston negli Stati Uniti hanno sviluppato il dispositivo NESMD (Nanophotonics-Enabled Solar Membrane Distillation), il quale potrebbe risolvere il problema dell’enorme consumo energetico dei dissalatori convenzionali.
Il sistema messo a punto dall’ateneo americano funziona con una membrana arricchita con nanoparticelle ingegnerizzate, che vengono attivate dalla radiazione solare producendo vapore mediante la trasformazione dell’energia solare in calore. Quest’ultimo viene usato per l’ebollizione dell’acqua di mare salata, quindi viene prelevato il vapore acqueo generato e tramite un condensatore si ottiene acqua dolce potabile compatibile con l’impiego umano.
L’apparecchio sperimentale NESMD è anche un impianto sostenibile, in quanto sfrutta l’energia solare attraverso un pannello solare, con un livello di efficienza che al momento è di 6 litri di acqua potabile ogni ora con un metro quadro di pannello solare. Si tratta di un progetto che potrebbe portare allo sviluppo di piccoli dissalatori, dispositivi di dimensioni contenute adatti ad esempio al fabbisogno di acqua potabile di una famiglia.
Un progetto promettente è stato realizzato dai ricercatori della Monash University in Australia, guidati dal professor Huanting Wang. Per aumentare la sostenibilità ambientale del processo di dissalazione dell’acqua di mare, è stato elaborato un innovativo MOF (Metal-Organic Framework) fotosensibile a energia solare, un sistema che rende potabile l’acqua marina e salmastra in meno di 30 minuti riducendo il livello di solidi disciolti a meno di 500 parti per milione (ppm), a fronte di una soglia di sicurezza di 600 ppm stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
I trucchi per rendere potabile l’acqua di mare
Come abbiamo visto esistono numerose opzioni per rendere l’acqua di mare potabile, sebbene molte di queste siano ancora in fase sperimentale.
Membrane sempre più efficienti ed economiche potrebbero consentire di realizzare desalinatori low cost, in grado di garantire la massima accessibilità a chiunque, specialmente alle persone che vivono nelle zone più remote del pianeta e nelle comunità più vulnerabili.
Ad ogni modo, esistono anche dei metodi semplici che permettono di bere l’acqua salmastra e del mare, non replicabili su larga scala ma solo come esperimento domestico. Uno di questi consiste nel riscaldare sul fornello una pentola con un bicchiere vuoto all’interno in metallo o vetro resistente al calore, inserendo l’acqua salata nella pentola senza versarla nel bicchiere, per poi posizionare il coperchio al contrario, accertandosi di ottenere una chiusura completa.
La lenta ebollizione a fuoco basso farà evaporare l’acqua formando della condensa nella parte interna del coperchio, la quale ricadrà lentamente nel bicchiere mentre i sali rimarranno nella pentola. Lo stesso processo può essere ottenuto all’aperto e senza energia, coprendo il contenitore con un rivestimento trasparente e lasciando che la radiazione solare faccia evaporare l’acqua ripetendo lo stesso fenomeno, ovviamente mettendo in conto tempistiche molto più lunghe.
Naturalmente, non si tratta di processi sicuri, in quanto non è possibile verificare la qualità dell’acqua potabile dissalata, ad esempio rilevando eventuali inquinanti e altre sostanze presenti nell’acqua, ma solo di esempi interessanti per studiare questo tipo di fenomeni.
La desalinizzazione dell’acqua richiede un’analisi accurata della sua composizione minerale, per assicurarsi che siano presenti minerali fondamentali per la salute, un livello qualitativo garantito dall’acqua del rubinetto che forse in futuro sarà ottenuto utilizzando l’acqua del mare al posto di quella di falda.