Il riciclo di acque nere, grigie e bianche può rappresentare una delle soluzioni chiave per diminuire gli sprechi di acqua, anche potabile.
L’emergenza idrica globale aumenta sempre di più e risparmiare acqua in un’ottica di sviluppo sostenibile per l’uomo e per il nostro pianeta rappresenta un obiettivo chiave per garantire a tutti un futuro sano.
L’acqua è infatti vitale, per l’uomo è un nutriente essenziale e un mediatore dei processi biochimici che sostengono la vita. Il corpo umano infatti è per il 70% composto di acqua, un valore mantenuto in costante equilibrio idrico, tra entrate e uscite di quello che ormai è definito il nutriente dimenticato.
Inoltre siamo consapevoli che si può vivere a lungo senza cibo ma non senza acqua. L’uomo inoltre ha non solo bisogno di acqua che scorra, ma anche di acqua potabile per bere in salute e sicurezza.
Cosa succede però? Sprechiamo, addirittura gettiamo via acqua potabile per utilizzi in cui non serve e la paghiamo! Si è infatti valutato che il 50% del consumo di acqua potabile in una famiglia tipo rappresenta uno spreco di grande valore.
In parole semplici, il 50% dell’acqua di rubinetto che utilizziamo ogni giorno a scopo domestico potrebbe essere sostituita da acqua di qualità inferiore e comunque sicura per l’igiene sia personale che di casa.
Nello specifico vedremo che sia l’acqua potabile che utilizziamo per lavarci e per detergere i pavimenti che per lavatrice, lavastoviglie o tirando lo sciacquone del WC, potrebbe essere sostituita dal riciclo di acque nere, grigie e bianche.
Ma come sono classificate nel dettaglio tali acque? In particolare, come si possono recuperare e trattare per il riciclo in salute e sicurezza? Scopriamo insieme il mondo del riciclo dell’acqua!
Identikit di acque nere, grigie e bianche
Quando si parla di acque nere, grigie e bianche ci si riferisce a una piccola parte del vasto gruppo delle acque reflue che vengono prodotte a livello domestico o pubblico e industriale.
Si tratta in pratica delle acque di scarico prodotte da abitazioni private, edifici pubblici, industrie e quant’altro che finiscono sul sistema fognario, o su canali di scolo industriali, sottoposte a depurazione e trattamenti adeguati prima di rientrare nel famoso ciclo dell’acqua.
Gruppo CAP ad esempio gestisce non solo la potabilizzazione dell’acqua immessa nell’acquedotto ma anche la depurazione e il trattamento delle acque reflue immesse nella rete fognaria.
Come vengono quindi classificate le acque di scarico? Principalmente in acque nere e acque bianche, due macro categorie che si colorano a loro volta di varie sfumature a seconda della provenienza, delle attività domestiche o industriali e del tipo di sostanza o inquinante che possono contenere in seguito alle stesse.
Acque nere
Sono tutte riconducibili all’utilizzo umano o industriale, sono classificate come nocive per la salute e sono suddivise in 5 sottocategorie.
- Acque fecali: provenienti dai bagni e contenenti scarichi umani
- Acque bionde: provenienti da docce, vasche, lavabi e bidet dei bagni
- Acque saponate grasse: provenienti da lavelli e lavastoviglie della cucina
- Acque grigie: provenienti da docce, vasche, lavabi e bidet dei bagni, lavelli e lavastoviglie delle cucine, lavatrici e lavabi delle lavanderie
- Acque di scarico industriale
Acque bianche
Sono acque provenienti dalla natura o usate allo stato naturale, non derivate dall’utilizzo umano e valutate non nocive per la salute pubblica.
- Acque meteoriche o piovane di dilavamento delle aree aperte impermeabilizzate (strade, cortili, piazze, parcheggi, tetti e altro);
- Acque utilizzate per il lavaggio delle strade;
- Acque di raffreddamento provenienti dagli impianti industriali
Il valore del recupero di acque nere, grigie e bianche
Il recupero delle acque reflue ad uso civile o domestico è regolamentato dall’art. 113 del Decreto Legislativo 03 Aprile 2006 n° 152 parte III “Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento”e dalle direttive comunitarie n° 91/271/CEE “Trattamento delle acque reflue urbane”, e n° 91/676/CEE “Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia”.
Nell’ottica di ridurre gli sprechi di acqua e di diminuire l’inquinamento, si stanno favorendo sempre più attività di recupero delle acque di scarico, in particolare per gli utilizzi domestici ma anche industriali e urbani.
Lo scopo è anche quello di ridurre lo spreco del consumo di acqua potabile (un valore stimato intorno al 50% pro-capite), in attività domestiche (igiene personale e della casa, lavastoviglie, lavatrice, WC, ecc.) per cui può essere utilizzata acqua di qualità inferiore e in sicurezza per la salute umana.
Nello specifico il riciclo di alcuni tipi di acque reflue rappresenta la chiave per diminuire gli sprechi a un costo sostenibile per le tasche, per l’ambiente e per la vita in termini di mantenimento delle riserve idriche.
Abbiamo già illustrato il sistema di gestione delle acque reflue da parte del Gruppo CAP, attività adottate in generale dagli enti privati o pubblici che gestiscono le fognature. In linea generale, per il riciclo domestico si prevede principalmente il riciclo delle acque grigie tra quelle nere e delle acque meteoriche tra quelle bianche.
Inoltre è già stato approfondito anche il recupero dell’acqua piovana o meteorica, ovvero delle acque bianche accessibili nelle nostre abitazioni.
Vedremo quindi come possono essere riciclate le acque grigie, anche perché sono più facili da recuperare, trattare e disinfettare e hanno un grande peso sugli sprechi di acqua potabile. Ci teniamo comunque a menzionare alcune informazioni anche sul riciclo degli altri tipi di acque.
Ad esempio le acque bianche derivanti dalla pulizia delle strade sono quasi comparabili a quelle piovane: in linea di massima sono pulite e hanno bisogno di attività di ripristino mediante sistemi di filtraggio a monte della cisterna di raccolta per eliminare il materiale grossolano.
L’acqua recuperata può essere utilizzata per l’irrigazione o per alimentare gli scarichi della cassetta del WC, per altri utilizzi si prevede la decontaminazione da batteri con ipoclorito o raggi UV-c.
Per quanto riguarda le acque di raffreddamento industriali, sono stati sviluppati sistemi di recupero che favoriscono il riciclo dell’acqua stessa, anche attraverso la re-immissione nel circuito di raffreddamento.
Infine la gestione di acque bionde, saponate grasse, di scarico industriale e soprattutto fecali nonostante i sistemi di recupero rimangono ancora complessi e poco sostenibili per l’utilizzo domestico, tanto che la stessa normativa pone vincoli molto rigidi.
Il rischio per la salute umana è infatti elevato: basti pensare ai batteri presenti nelle feci che, se gestiti male, rappresentano un rischio per la salute e la sicurezza dell’uomo.
In pratica, sono disponibili sistemi di riciclo di acque nere ma quando si tratta di acque fecali, saponate grasse e scarichi industriali il fai da te non vale ed è bene rivolgersi a professionisti sia per l’adeguamento degli impianti che per la costruzione ex-novo di abitazioni, edifici e quant’altro.
Recupero delle acque grigie: tra piante, filtri e depuratori
Il recupero delle acque grigie si basa su sistemi di riciclo apparentemente semplici ma che possono costare parecchio.
L’investimento però in linea di massima si ammortizza in un lasso di tempo medio di circa 10-15 anni, variabile anche in funzione del costo della manutenzione delle acque reflue in bolletta e comunque idealmente incomparabile a livello di sostenibilità di risparmio idrico e ambientale.
Le acque grigie sono appunto quelle provenienti da provenienti da docce, vasche, lavabi e bidet dei bagni, lavelli e lavastoviglie delle cucine, lavatrici e lavabi delle lavanderie esclusi il water e le acque grasse della cucina destinate al pozzetto degrassatore.
Le acque grigie rappresentano il 50-80% delle acque reflue e il loro recupero rappresenta una bella fetta dello spreco di acqua potabile che si andrebbe a risparmiare. Conti alla mano, su 100 litri di acqua potabile sprecata per uso domestico, il solo recupero delle acque grigie si aggira intorno ai 50-80 litri che rappresentano un bel traguardo in termini di sostenibilità!
Le acque grigie possono essere depurate più facilmente delle altre acque nere in quanto non contengono solidi sospesi e, tra i principali “inquinanti”, troviamo residui di detergenti, saponi o cosmetici vari utilizzati per l’igiene personale, della casa, degli indumenti e dei piatti.
Tali inquinanti sono spesso degradabili e comunque possono essere eliminati facilmente con azioni di ripristino dell’acqua di tipo chimico o meccanico “leggere”.
Le acque grigie si prestano quindi al riciclo attraverso impianti, di dimensioni calcolate in base all’utilizzo di ogni singola abitazione, e che prevedono principalmente 5 fasi.
Fase 1: Filtrazione grossolana
Elimina la presenza di corpi solidi sospesi come lanuggine, fibre tessili e capelli
Fase 2: Raccolta di acque grigie non trattate
Dopo la filtrazione grossolana le acque grigie vengono raccolte in un serbatoio
Fase 3: Trattamento e disinfezione
Dai serbatoi di raccolta le acque vengono convogliate tramite pompe in un sistema di membrane ad ultrafiltrazione in uno o più bioreattori. Sono utilizzate particolari membrane che favoriscono l’eliminazione degli inquinanti e di eventuali microrganismi. In alcuni impianti possono essere predisposti anche sistemi di clorazione o a raggi UV-c per la disinfezione.
Fase 4: Conservazione
Conservazione in cisterne adatte: adeguatamente ossigenate, al fresco e al buio, generalmente sotterranee o al chiuso
Fase 5: Rinvio all’utenza domestica
L’acqua recuperata sarà quindi rinviata all’utenza domestica attraverso un sistema di tubi dedicato e separato da quello dell’acqua potabile. L’acqua di riciclo principalmente può essere utilizzata per lo scarico del WC, per l’irrigazione o il lavaggio della macchina. Alcuni impianti di depurazione più sofisticati permettono anche l’utilizzo per l’igiene personale.
Le varie fasi possono variare a seconda dell’impianto, ma questa divisione aiuta a capire i passaggi più importanti per il riciclo.
Tra le varie opzioni, ci sarebbe anche il riciclo per fitodepurazione. Tale sistema prevede l’utilizzo di piante particolari. Si tratterebbe di specie di piante che già in natura fungono da depuratori naturali dei residui tipici delle acque grigie.
Vengono utilizzate in impianti biologici di riciclo che sono considerati soft. Prevedono un serbatoio di raccolta da cui l’acqua viene passata a un sistema di fitodepurazione (in pratica un vasca contenente le piante) che a monte o a valle prevede l’utilizzo di filtri meccanici di (sabbia o lava) e/o di radiazioni UV. Si tratta di un approccio eco-compatibile da valutare con l’aiuto di un esperto.
Orientarsi in tema di riciclo dell’acqua non è semplice. Diventa però sempre più importante diminuire gli sprechi di acqua iniziando ad adottare, anche a casa propria, sistemi o impianti di riciclo delle acque reflue grigie e bianche. Magari si può partire con piccole azioni per l’irrigazione del giardino o il lavaggio della macchine. Alla fine sappiamo che a piccoli passi si possono raggiungere grandi obiettivi: la cosa importante è però iniziare!